Castanea sativa

CINIPIDE DEL CASTAGNO E LOTTA BIOLOGICA

Quando un ecosistema è in equilibrio e le interazioni tra le specie sono affermate, la natura conserva una certa stabilità nelle popolazioni, che sono inserite in una rete fitta di rapporti; piante e animali selezionati nei milioni di anni dall’ambiente, che convivono in uno stesso luogo regolandosi reciprocamente.

L’uomo, avendo imparato a spostarsi su lunghe distanze in breve tempo, è diventato direttamente e indirettamente vettore di specie che prima erano limitate da confini fisici o climatici o biologici in una determinata zona.

Una specie trasportata dall’uomo, che trova nel nuovo ambiente condizioni sufficientemente buone per garantire il suo nutrimento e la riproduzione, è potenzialmente dannosa soprattutto quando in quest’ultimo non sono presenti competitori per le risorse o specifici predatori, in grado di limitarne numero ed espansione.  In questo modo i “nuovi arrivati” in breve tempo riescono a moltiplicarsi e invadere gli habitat di nuova colonizzazione, con un grande impatto sulle specie native poiché ne invadono risorse e nicchie ecologiche e possono trasportare a loro volta altri parassiti ai quali gli autoctoni non sono preparati a rispondere adeguatamente.

Sono migliaia di anni che gli uomini viaggiano e si spostano da una parte all’altra del globo trasportando con sé vegetali e animali. Con l’avvento dell’economia globale e la relativa facilità con cui possiamo farlo ai nostri giorni, si vedono sempre più gli effetti nefasti sugli ambienti che questi “traslochi” possono comportare.

Il Castagno (Castanea sativa), è una specie antica, di origine Cenozoica e presente da allora nel bacino Mediterraneo, ha conosciuto nella sua storia momenti di espansione e di contrazione del suo areale. Contrazioni dovute ad esempio all’ultima glaciazione e recentemente dall’abbandono delle campagne e delle zone montuose, mentre le sue espansioni sono legate soprattutto alla sua coltivazione. I romani furono tra i primi che capirono l’importanza del castagno, sia per il suo legno ricco in tannini che lo rendono particolarmente resistente alle intemperie e adatto alla costruzione, sia per i suoi frutti molto nutrienti ed energetici e l’hanno coltivato tanto intensamente da lasciarne traccia in letteratura e persino nei fossili. Le castagne hanno avuto un ruolo fondamentale nell’alimentazione soprattutto prima della scoperta dell’America, dalla quale abbiamo importato poi il mais e la patata.

Ma fino alla fine dell’ottocento e anche durante le guerre, la castanicoltura ha avuto un ruolo primario nell’alimentazione, tanto che il castagno veniva chiamato “Albero del pane”, rappresentando questo la principale fonte di sostentamento delle popolazioni montane nei periodi invernali e di carestia e rivestendo un ruolo fondamentale nella vita familiare delle popolazioni rurali. L’abbandono della castanicoltura è stato portato anche da pesanti infestazioni subite dall’ottocento in avanti quali il “mal dell’inchiostro” causato da funghi del genere Phytophtora, importati sempre tramite l’uomo in Europa dal continente americano e il cancro della corteccia, dovuto al fungo Cryphonectria parasitica, sbarcato per la prima volta in Europa negli anni ’50 al porto di Genova, per la presenza di legname di castagno infetto. Diffusosi poi nell’entroterra genovese e in tutta Italia. Attualmente la castanicoltura sta attraversando un nuovo periodo di espansione, per il legno ma soprattutto per l’industria dolciaria.

Negli ultimi anni un nuovo parassita ha colpito i nostri castagneti, un piccolo imenottero di origine cinese, lungo appena 2,5 millimetri in forma adulta, capace di indurre negli alberi del genere Castanea, neoplasie nei germogli e nelle foglie deponendovi le proprie uova. Queste formazioni vengono chiamate comunemente “galle” e sono capaci di portare al deperimento generale la pianta, al blocco della fioritura e della fruttificazione e nelle infestazioni più importanti alla morte della stessa. Il suo nome è cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus). La prima segnalazione in Italia è arrivata dalla provincia di Cuneo nel 2002, probabilmente a causa dell’importazione d’innesti infetti di origine asiatica, ed espanso a oggi in quasi tutte le regioni, sono necessari interventi tempestivi per limitarne il più possibile l’impatto negativo sui nostri alberi.

Questa specie si riproduce tramite partenogenesi teliotica, il che vuol dire che esistono solo esemplari femminili, ed è univoltina, cioè compie una nuova generazione all’anno, a differenza di altri cinipidi che alternano nel corso dell’anno una generazione asessuata e una sessuata. L’aspetto è di piccole vespe tondeggianti, nere ad eccezione di parte delle zampe di colore giallastro e portano un evidente ovopositore sull’addome, con cui depongono fino a 200 uova nelle gemme dell’anno e nelle nervature delle foglie. Una volta trascorso l’autunno e l’inverno in modo silente all’interno delle gemme, con la ripresa dell’attività vegetativa della pianta, diventa visibile la sua reazione alla presenza del cinipide, con la degenerazione di parti di tali germogli parassitati in forme dapprima verdi, successivamente anche rossastre, le galle appunto, che contengono le larve pronte a formare la nuova generazione adulta. All’inizio della primavera sono visibili le larve entro piccole celle all’interno di queste strutture, successivamente come pupe chiare, poi scure maturando, fino al momento in cui l’insetto è adulto, pratica un foro e l’abbandona, cioè durante i mesi di Giugno e Luglio. Questi adulti andranno a loro volta a deporre nei nuovi germogli e così via. Le galle una volta abbandonate seccano e persistono sulla pianta, infatti si possono individuare galle di anni diversi sulle piante colpite, e notare come queste arrestino la crescita dei germogli parassitati.

cinipide terza

In Giappone il Dryocosmus è stato combattuto con successo con altri imenotteri a loro volta parassiti specializzati delle galle del cinipide, di cui fa parte una specie particolarmente utilizzata ed efficace in questa lotta biologica, poiché anche’essa univoltina, il Torymus sinensis. A differenza del cinipide, questo imenottero presenta due sessi distinti, individuabili facilmente poiché solo le femmine sono dotate di un lungo ovopositore addominale. Queste dopo l’accoppiamento vanno a deporre le uova sul corpo delle larve o dentro alla cella larvale all’interno delle galle, in questo modo la larva ectoparassita del T. sinensis si nutre della larva del cinipide. Il parassitoide s’impupa durante l’inverno all’interno della cella larvale (nella galla ormai diventata secca) per diventare adulto in primavera e sfarfallare ricominciando il suo ciclo biologico. Le ricerche fino ad oggi condotte dimostrano che T. sinensis è un parassitoide specifico del cinipide del castagno, vale a dire che il D. kuriphilus è il suo unico ospite ed è stato ottenuto solo da galle di castagno.

Grazie alla ricerca e alla lotta biologica si possono tamponare i danni prodotti dalle specie importate, ma un’attenta gestione deve prima di tutto prevenire questo tipo di eventi dannosi che possono compromettere intere popolazioni e particolari habitat. Vedremo nei prossimi anni se gli interventi volti a risolvere questo problema avranno successo e potranno far si che la castanicoltura e le imprese ad esso associate possano salvarsi dopo quest’ultimo attacco subito dai castagni e i nostri boschi possano conservare questa specie, da sempre in primo piano nella storia del nostro paese.

 

 

Marco Maggesi

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